Omaggio a Pierre-Ives Vandeweerd

Omaggio a Pierre-Yves Vandeweerd

Ospite a Firenze nei giorni del festival, il regista belga presenterà la trilogia composta da Les tourmentes (2014), Les éternels (2017) e Inner Lines (2022)

Dall’Africa al Caucaso, passando per la Francia, il cinema del regista belga si è concentrato sul problema di come filmare ciò che non è apparentemente visibile: le lacerazioni dell’anima di chi porta con sé la sofferenza della guerra, della malattia mentale o fisica, della vita come continua lotta. È un cinema della testimonianza che si affida alla ricerca di una “atmosfera” in cui tutto (i corpi, i luoghi, i gesti) è immerso. 

In Les tourmentes (2014), la tempesta del titolo non è solo un fenomeno atmosferico ma il movimento interiore di uomini e donne la cui vita è stata travolta dalla malattia mentale. L’immagine di un pastore diventa la figura metafisica attraverso cui la tempesta esistenziale diventa visibile, si mostra come racconto. Le storie di persone ricoverate e decedute nell’ospedale psichiatrico di Saint Alban, nella regione della Lozère, si ascoltano mentre gli occhi vagano tra gli edifici deserti di quei luoghi inospitali. 

La storia può essere raccontata sotto forma di mito, di ciò che travalica la narrazione degli eventi. Oppure nell’arco di un movimento che attraversa il film e diventa la chiave della sua forma. Ed ecco che allora è il movimento dell’erranza a caratterizzare un film come Les éternels (2017), in cui una regione al centro di una lunga serie di conflitti come il Nagorno-Karabakh diventa una sorta di luogo post-apocalittico, dove la storia è sospesa, congelata tra le pietre e la scarsa vegetazione del territorio. È in questo continuo movimento di fuga impossibile, tra le montagne che somigliano a confini invalicabili, che la tragedia di una comunità si riflette nelle immagini. 

Le linee interiori (Inner Lines, 2022) che danno il titolo all’ultimo film del regista sono al tempo stesso le linee di fuga dell’esercito in ritirata e i percorsi delle coscienze lacerate dalla guerra. Tutto è al tempo stesso davanti ai nostri occhi e trasfigurato in un’ immagine che chiede di essere percepita nella sua alterità, perché solo così può nascere un vero pensiero. L’uso della pellicola, in questo caso, permette di lavorare sui volti, sui primi piani immobili che spesso compaiono nei suoi film, dando alle immagini un senso ulteriore, come se esse fossero al contempo davanti a noi e altrove, radicate nel presente e portatrici di una nuova temporalità. 

Iniziativa realizzata in collaborazione con Fondazione Sistema Toscana

Scorri verso l'alto